Il rapporto tra Brand Value e valore di Borsa
Data pubblicazione: 04 marzo 2025
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- Il valore di questo bene immateriale cresce molto più velocemente dell’economia
- Grand parte del brand value complessivo appartiene ad aziende B2C
- Diversificazione, lungo periodo e qualità sono i pilastri del buon investimento
IL VALORE IMMATERIALE NASCOSTO NELLE AZIENDE
Per valutare un'azienda si guarda anche al suo brand value: più è forte e meglio va in BorsaFonte: Kantar
“Ci vogliono 20 anni per costruire una reputazione e cinque minuti per rovinarla” diceva Warren Buffet, che diceva anche “Il prezzo è quello che paghi. Il valore è quello che ottieni”.
Ma quanto vale un’azienda? Bella domanda! In effetti i criteri sono tantissimi: si possono considerare gli asset patrimoniali oppure i flussi di reddito generati o, ancora, una combinazione di entrambi i fattori insieme e, per le aziende quotate, la capitalizzazione di Borsa. In base a queste valutazioni si cerca poi di stimare di quanto potranno migliorare questi numeri nel futuro considerando anche il flusso di cassa atteso e l’utile. Tra i molti elementi in gioco, però, ha sempre più importanza il valore di un asset particolare, intangibile, ma spesso molto più solido di un macchinario o di un immobile: il brand.
Il brand può essere definito come l’insieme di tutti quei fattori che concorrono a creare l’immagine di un’impresa di fronte ai consumatori (attuali e futuri) ai fornitori, agli investitori, ai dipendenti, alle autorità pubbliche e, in generale, a tutti i cosiddetti stakeholder. Parte del brand è il marchio, che non è un suo sinonimo perché include solo logo, claim e colori distintivi. Il brand riguarda il messaggio che l’azienda veicola e che vuole sia percepito e dunque il tipo di posizionamento che sceglie compresi i valori che decide di sostenere.
Il valore dei 100 maggiori brand è salito del 76% dal 2019
Un brand può essere così forte da determinare, da solo, il successo o meno di un’impresa e per questo ha un valore economico, misurabile con modalità ancora più numerose. Tra queste c’è quella di Kantar, leader a livello internazionale nelle ricerche di mercato, che calcola quanto il brand di un’azienda quotata contribuisca al valore finanziario di essa. Lo fa considerando:
- La domanda aggiuntiva che il brand in quanto tale riesce a generare
- Il “price premium”, ovvero quanto in più i clienti sono disposti a pagare un prodotto dell’azienda esclusivamente grazie al brand
- La crescita della domanda e del prezzo futuri provocata dalla sua sola presenza
Il peso di questi fattori è testimoniato dal forte aumento della brand value complessiva nel tempo, a dimostrazione della crescente importanza che logo, messaggio, percezione presso i consumatori rivestono nell’economia globale. Il valore complessivo del brand delle 100 aziende con maggiore brand value secondo Kantar è cresciuto di ben il 474% dal 2006 e del 76% rispetto all’epoca pre-Covid, dopo essere salito mediamente del 9,3% all’anno tra il 2000 e il 2020. Nel 2024 ha visto un incremento del 20%, un recupero dopo il calo del 2023, sempre del 20%, causato da un calo stimato della profittabilità delle aziende.
Questo significa anche che il brand value è più sensibile alla congiuntura economica di altri fattori.
A livello di singole imprese l’analisi di Kantar nel 2024 ha incoronato Apple come azienda con il brand che vale di più, ben 1.015,9 miliardi di dollari. Dietro l’azienda della mela ci sono proprio quei colossi che detengono marchi che tutti conoscono, che abbiamo davanti agli occhi ogni giorno, soprattutto oggi che l’esposizione ai brand passa anche per gli strumenti digitali, i social.
Al secondo posto, infatti, troviamo Google il cui brand vale 753,5 miliardi, seguita da Microsoft, con 712,9 e poi Amazon, con 576,6. A distanza, ma sempre con numeri altissimi, c’è Mc Donald’s, il cui brand è stimato 221,9 miliardi di dollari, seguita con 188,9 miliardi da Visa. All’ottavo e nono posto si posizionano Facebook e Oracle con 166,6 e 145,5 miliardi e in decima Tencent, cinese, con 135,2 miliardi.
I brand delle aziende B2C valgono più di tutti
Le prime otto posizioni, non a caso, sono rappresentate da aziende con un marchio estremamente riconoscibile, basti pensare che per YouGov negli Usa Amazon è conosciuto dal 97% della popolazione, Microsoft e Apple entrambi dal 98%, come Mc Donald’s, Google dal 95%, Facebook dal 99%.
Non è neanche un caso che la maggioranza di tutto il valore dei brand delle aziende che costituiscono la Top 100 di Kantar, ovvero 8.300 dollari, è espresso da quello di imprese di settori di consumo di vario tipo. I comparti della Consumer Technology (es.: Apple, Samsung), e quello Media & Entertainment (che include Facebook e Google), hanno un brand value rispettivamente di 1.238,5 e 1.347,2 miliardi di dollari. A questi va aggiunto naturalmente il Retail (in cui regna Amazon), con 631,6 miliardi, il settore Fast Food (con Mc Donald’s e Starbucks), con 392 miliardi, e tutti quei comparti che includono i brand più noti di aziende B2C di caratura mondiale. Tra questi ci sono l’Automotive (brand value di 210,2 miliardi), gli alimentari e le bevande (520,8 miliardi, con Coca Cola al primo posto), il lusso (356,9 miliardi), l’abbigliamento e la cura personale.
Non investire in quello che non capisci
Il mercato ha premiato i brand, il sempre maggior valore e la riconoscibilità dei marchi, attraverso una crescita del valore in Borsa dei titoli delle 100 aziende con maggiore brand value di ben il 400% dal 2006 al 2024. In sostanza ha avuto ragione ancora una volta Warren Buffet, che ha sempre raccomandato di investire in ciò che capisci e che conosci, in aziende con un business comprensibile e riconoscibile da tutti, che sia rimasto tale a lungo nel tempo. È il caso dei brand di consumo che, infatti, hanno saputo incrementare sia il proprio brand value che, collegato a esso, anche la propria capitalizzazione, proprio grazie al ruolo che ha avuto il loro marchio nel generare, da solo, più domanda e un price premium soddisfacente.
Gli esempi che è possibile fare tra i brand consolidati e di lungo corso sono molti, come Coca Cola, 15esimo brand al mondo per valore, le cui azioni sono cresciute ben più dell’economia mondiale, americana, europea e ovviamente italiana in quasi tutti gli anni. Sono salite dell’8,87% nel 2024, del 10,61% nel 2022, dell’11,4% nel 2021, del 2,44% nel 2020, quando il Pil di ogni Paese è crollato, e di ben il 20,61% nel 2019. Solo nel 2023 c’è stato un segno meno, -4,46%.
Un altro esempio è Toyota, che ha visto la propria capitalizzazione aumentare quasi sempre in doppia cifra in 5 anni su 6 tra 2019 e 2024, con picchi di crescita nel 2019 e nel 2023, +24,7% e +38,17%, che hanno più che compensato l’unico calo del 2022. Ancora meglio è andata a Mc Donald’s, il quinto brand di maggior valore e tra i più conosciuti: il lieve calo dello 0,5% del prezzo delle sue azioni nel 2024 è stato preceduto da 9 anni di incrementi, e sei di questi sono stati in doppia cifra, come nel 2023 (+15,05%).
Ci sarebbero molti altri titoli estremamente conosciuti con una storia simile, sia tradizionali che digitali, come Microsoft, che ormai fa parte delle vite delle persone da più di 30 anni ed è il terzo brand più forte al mondo. Ha visto aumenti del prezzo dell’azione maggiori del 50% nel 2021 e nel 2023 e maggiore del 40% nel 2020 con un solo calo nel 2022.
Kodak, Blockbuster…Occorre sempre diversificare
Naturalmente questo non vuol dire che basta prendere un marchio riconoscibile e investire su di esso, qualsiasi esso sia, i casi di flop o di cadute rovinose di aziende estremamente conosciute sono molti, basterebbe un solo nome a ricordarcelo, Nokia, il brand che tutti avevano in mano tra la fine degli anni ’90 e la fine degli anni 2000. C’è un modo semplicissimo per evitare di essere colpiti dagli occasionali crolli di queste aziende, è diversificare tra tutti i brand di maggior valore e più conosciuti, di tutti i settori, quelli di cui abbiamo parlato e molti altri ancora; se anche uno di questi cadrà in disgrazia la grande maggioranza, lo sappiamo, non lo farà.
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